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Business Coaching per il terzo settore: strategie per crescere con consapevolezza

Quando si parla di business coaching, spesso si fa riferimento esclusivamente alla comunicazione e al marketing: le azioni necessarie per rendere visibili i propri servizi, attività e strumenti al pubblico di riferimento. Si rischia però di trascurare un aspetto fondamentale: il business è, prima di tutto, una rappresentazione della persona che lo guida. Ogni professionista porta con sé un complesso intreccio di esperienze, formazione, valori, pregiudizi e percezioni che influenzano il modo in cui costruisce e sviluppa la propria attività. Il Business Coaching per il terzo settore è altrettanto essenziale perché aiuta a potenziare le attività rendendole più allineate con la missione, sostenibili nel tempo e coerenti con i valori dell’organizzazione.

Attraverso un percorso di consapevolezza strategica, il coaching supporta le realtà nel definire obiettivi chiari, rafforzare la leadership interna, ottimizzare le risorse e affrontare le sfide con una visione più ampia e centrata sul cambiamento sociale. In questo senso, il coaching non è solo uno strumento operativo, ma un vero e proprio catalizzatore evolutivo per chi lavora per il bene comune.

Business Coaching per il terzo settore? Espressione della persona

Indipendentemente dal fatto che si tratti di un libero professionista o di un lavoratore dipendente, il concetto di Business Coaching per il terzo settore (o meno) non riguarda esclusivamente chi possiede una partita IVA o un’impresa. Anche il lavoratore dipendente porta sé stesso all’interno dell’azienda e incide sul contesto lavorativo in cui opera. Comprendere il proprio ruolo e la propria identità professionale è essenziale per determinare il valore che si può offrire e la direzione da intraprendere.

Se non sappiamo chi siamo, cosa vogliamo e in che modo vogliamo vivere la nostra vita, non sapremo mai che tipo di scelte prendere, proprio perchè non si vive per lavorare. Non si parla solo di un cambio lavorativo o di vita, ma anche semplicemente come vogliamo vivere il nostro lavoro e raggiungere quell’equilibrio personale che ci aiuta a trovare un senso in quello che facciamo.

Definire la propria identità professionale

Prima ancora di strutturare una strategia di comunicazione o un piano d’azione, è cruciale rispondere alla domanda: chi siamo? Questo interrogativo non ha una risposta fissa, poiché l’identità evolve nel tempo con le esperienze e le scelte compiute. Tuttavia, è possibile delineare la propria direzione futura ponendosi domande strategiche:

  • Chi vogliamo diventare?
  • Quali azioni dobbiamo intraprendere per raggiungere la nostra visione?
  • Con chi vogliamo parlare/interagire?
  • In che modo e con quali risorse?

Un esercizio pratico per iniziare questo percorso è stilare una lista di ciò che non vogliamo essere. Spesso, risulta più semplice identificare gli aspetti da evitare piuttosto che definire immediatamente la nostra direzione ideale. Affiancando a ogni “non voglio essere” un’alternativa positiva, si ottiene una prima traccia del proprio percorso di crescita.

Successivamente, è utile scrivere una visione chiara del proprio futuro, includendo non solo obiettivi materiali, ma anche il modo in cui si desidera sentirsi. L’emozione che accompagna questa visione costituisce un potente motore motivazionale, che facilita il raggiungimento degli obiettivi prefissati.

Questa lista è un canovaccio utile nei momenti down della vita personale e lavorativa, ma anche nel momento in cui vogliamo andare a stilare una strategia di comunicazione perché la nostra identità reale è uguale (o deve corrispondere il più possibile) a quella digitale.

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Dalla visione alla missione

Una volta definita la visione, il passo successivo è individuare i bisogni e i valori su cui basare la propria attività. Questo processo porta alla formulazione della missione: la motivazione profonda che guida le nostre scelte professionali. Redigere un “manifesto professionale” può aiutare a cristallizzare i principi guida del proprio lavoro, rendendo più chiari gli obiettivi e le strategie da adottare.

Nel terzo settore, questo passaggio è ancora più delicato e cruciale. Organizzazioni e professionisti devono domandarsi: qual è il cambiamento sociale che desideriamo generare? e chi sono i beneficiari diretti e indiretti del nostro operato? È utile coinvolgere attivamente team, volontari e stakeholder nella definizione della missione, per renderla condivisa, autentica e ancorata ai bisogni reali del territorio. Un consiglio concreto è redigere una versione sintetica della missione, utile per comunicare in modo efficace con enti pubblici, donatori e partner, affiancandola a una versione estesa da utilizzare come bussola strategica per le decisioni interne. Solo così la missione non resterà una frase formale, ma diventerà la forza propulsiva di ogni azione quotidiana.

L’importanza del contesto sociale e culturale

Ogni professionista opera all’interno di un determinato contesto sociale, che influenza e viene influenzato dalle scelte lavorative. Un concetto chiave nel business coaching per il terzo settore è che l’evoluzione personale e professionale avviene sempre in relazione agli altri. Nel mondo digitale, questa dinamica è ancora più evidente: reale e virtuale si intrecciano senza soluzione di continuità, modificando continuamente il panorama lavorativo.

Un esempio emblematico è l’ascesa del digitale dopo la pandemia da COVID-19.
Strumenti e modalità di lavoro già esistenti hanno subito una rapida accelerazione, abbattendo resistenze culturali e sociali. Oggi, parlare di digitale e utilizzarlo nelle professioni è la norma, mentre fino a pochi anni fa era considerato un’opzione secondaria. Questo dimostra come i cambiamenti nel contesto sociale e culturale possano incidere sulla percezione e sull’adozione di nuovi strumenti e metodi di lavoro.

Come applicare il Business Coaching nel terzo settore

Nel terzo settore, che si occupa di benessere, salute ed educazione, il business coaching assume un ruolo strategico ancora più rilevante. Non si tratta solo di promuovere servizi e competenze, ma anche di superare barriere culturali e sociali che spesso ostacolano il riconoscimento del valore del lavoro svolto. Ad esempio, il settore della salute mentale e dell’educazione inclusiva richiede un continuo lavoro di sensibilizzazione e divulgazione per far comprendere l’importanza e l’impatto di determinati servizi sulla società.

Pertanto, il professionista del terzo settore non deve solo concentrarsi su strategie di comunicazione e marketing, ma anche sulla capacità di scardinare pregiudizi e resistenze culturali. Questa duplice sfida implica una maggiore consapevolezza delle dinamiche sociali in cui si opera e una strategia di comunicazione che non si limiti alla promozione, ma che educhi e sensibilizzi il pubblico di riferimento.

Costruire un business, specialmente nel terzo settore, significa molto più che creare strategie di marketing. Significa conoscere profondamente sé stessi, il contesto in cui si opera e le barriere culturali che possono influenzare il proprio lavoro. Solo attraverso questa consapevolezza è possibile sviluppare un’attività professionale che non solo abbia successo, ma che contribuisca anche a un cambiamento positivo nella società.

Dal piano individuale all’impatto collettivo: il valore trasformativo del coaching

Uno degli aspetti più potenti del Business Coaching nel terzo settore è la sua capacità di generare un impatto che va oltre il singolo individuo. Quando un professionista acquisisce maggiore consapevolezza, chiarezza strategica e allineamento tra valori personali e missione professionale, questo benessere si riflette anche sulle dinamiche di gruppo, sull’organizzazione e, in ultima istanza, sulla comunità servita.

In questo senso, il coaching diventa un moltiplicatore di impatto: migliorare il mindset, le competenze decisionali e relazionali di chi opera nel sociale significa potenziare l’intera rete di relazioni e progetti che dipendono da quella persona. È per questo che accompagnare professionisti e team del Terzo Settore attraverso percorsi di coaching mirati non è un “lusso”, ma una necessità evolutiva per rispondere con efficacia, empatia e innovazione ai bisogni della società contemporanea.

Investire su sé stessi e sulla propria crescita professionale, in questo contesto, equivale a investire su un cambiamento collettivo, generativo e duraturo. Il Business Coaching, quindi, si configura non solo come un mezzo per fare meglio, ma come una via per essere meglio, insieme.

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