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CREDENZE SULL’APPRENDIMENTO MUSICALE

Le credenze, più delle bugie, sono nemiche pericolose della verità.
Friedrich Nietzsche

 

Quali sono le credenze sull’apprendimento musicale che sentiamo più spesso?

  1. Io amo la musica, ma non ne capisco niente. La teoria musicale è terribile e incomprensibile

  2. Insegno il valore delle note disegnando un diagramma a torta

  3. Bisogna che loro ascoltino perché io sono l’insegnante

  4. Non tutti possono essere intonati

  5. Imparare uno strumento non è per tutti

Queste sono LE TOP FIVE sulle credenze dell’apprendimento musicale che ho più sentito,
da parte di non addetti al lavoro ma anche dai professionisti.

Andiamo a sfatare uno alla volta.

Io amo la musica, ma non ne capisco niente.
La teoria musicale è terribile e incomprensibile

Almeno una volta nella vita ti sarà successo di sentire questa credenza, sento racconti da parte delle persone (adulti in generale, ma se ascolti bene i bambini anche da parte loro) sul loro rapporto con lo strumento ma soprattutto con la terribile teoria!

“Non ci capisco niente”

“E’ arabo”

Se ci riflettiamo un minuto, la teoria è solo la parte teorica e verbalizzante delle azioni che facciamo nella pratica musicale.

E’ la parte finale di un processo di esperienza pratica, fatto di prove e tentativi che la persona fa per imparare lo strumento o la musica.
La teoria musicale è un grande manuale “accordato” e accettato da tutti, con l’obiettivo di avere un linguaggio
comprensibile, utilizzabile da tutti .

Non a caso all’estero il linguaggio musicale “classico” è in italiano, non è tradotto, tuttavia nella teoria della musica moderna e jazzistica
il linguaggio musicale è in inglese perché i generi che usano questo tipo di linguaggio sono nati in America/Inghilterra.

Ci avevi mai fatto caso?

La teoria musicale è il primo scoglio da superare ma il primo passo per comprendere il linguaggio musicale.

Ma come far capire la teoria senza creare grossi traumi?

Partendo dalla pratica.

Ritmando con il corpo, cantando melodie, stando in equilibrio su una palla dell’equilibrio, facendo vedere fisicamente dov’è il battere e il levare.

Fallo provare sulla propria pelle.

Solo alla fine verbalizza, ovvero: traduci a parole quello che si è fatto nella pratica, dandone significato

Così è nato il linguaggio, provando e riprovando, consolidando e teorizzandolo.

Insegno il valore delle note disegnando un diagramma a torta

Questa è una delle cause e credenze sull’apprendimento che allontana dalla musica.
Causando malinconia e la tristezza di non avercela fatta, il sapore del fallimento che si ha nel “non esser capaci”,
di non poter godere delle gioie di suonare uno strumento.

Insegnare come ci hanno insegnato i nostri maestri o perché per te è più facile e comprensibile spiegarlo così (meccanismo inconsapevole? non saprei), non significa comunicare al meglio e saper trasmettere al meglio il concetto.

La musica  non la si può ridurre a numeri e concetti astratti.
E’ fatta di suono, timbri, vibrazioni, percezioni.

La matematica nella musica serve solo per avere un punto di riferimento nel ritmo e dare dei paletti per costruire il famoso linguaggio, di cui accennavo prima.

Serve per capirsi, non per quantificare.

L’errore o la credenza che si commette (nella maggior parte delle volte in buona fede) è quello di pensare che “se lo capisco io lo capiscono anche gli altri”.

Non è esattamente cosi

L’apprendimento è un meccanismo che ha regole proprie e non ha funzioni uguali per tutti, alcune cose si possono assomigliare.

Ma soprattutto non vuol dire che se noi l’abbiamo compreso cosi, per gli altri vali la stessa cosa.
Bisogna tener conto l’età e i pre-requisiti che l’allievo ha raggiunto in quel momento per poter comprendere determinate nozioni.

Mettiamo da parte il nostro ego, usciamo dai nostri meccanismi e cerchiamo di comprendere l’altro e di capire in che età dello sviluppo si trova, come apprende meglio e su cosa devo potenziare.

Costa fatica? Si

E’ un lavoro lungo? Si

Ne vale la pena e ci semplifica il lavoro? Si, perché saremo pronti, elastici e ottimi ascoltatori.

Bisogna che loro ascoltino perché io sono l’insegnante

l’IO(=ego) dell’insegnante che afferma “IO insegno TU ascolti” me lo immagino parlare più o meno così:

“IO dopo anni di studio, master e concerti,
IO che contengo il grande sapere,
DEVO esser ascoltato, ammirato ed idolatrato dai miei studenti,
perché IO SO e loro devono solo ascoltare”

Questo piccolo monologo è quello che immaginavo (immagino tutt’ora) quando vedevo professori e maestri avere un atteggiamento di enorme superiorità verso i propri allievi e non davano libero spazio all’ascolto.

Si arroccano il diritto di superiorità perché loro hanno studiato e tu no, loro sanno e molto spesso se lo tengono per sé e tu fai un enorme fatica ad imparare.

PRONTO!? 

Il vero meccanismo dell’apprendimento e del successivo ricambio generazionale è più o meno cosi:

lo studente studia,
l’insegnante trasmette sapere,
lo studente impara e migliora
e prende il posto dell’insegnante che a sua volta gli aveva insegnato
e così in loop.

Se non ci fosse questo circolo, non ci sarebbe ricambio generazionale, nuovi insegnanti con più sapere perché cambiano generazioni e si scoprono nuove metodologie e metodi.

L’insegnante è al servizio (non è un servitore) dell’allievo e la responsabilità di trasmettere le proprie conoscenze, per farsi che il pensiero continui in generazione e generazione è dell’insegnante.

Se si è scelto la strada dell’insegnamento perché alimenta il proprio ego o perché non si è riusciti a fare quello che si sognava di fare,
significa che avete sbagliato lavoro.

Insegnare significa tramandare con amore e partecipazione le proprie conoscenze per non farle cadere nel dimenticatoio, essere attivi e in ascolto degli studenti perché le generazioni cambiano in modo così radicale, che nemmeno ce ne si accorge.

Rimani in ascolto e metti da parte il tuo ego, vedrai crescere i frutti del tuo lavoro e ti divertirai come non avevi mai immaginato.

Non tutti possono essere intonati.

Spoiler tutti sono intonati, ma ogni persona ha un timbro e un colore diverso di voce,
e ancora un altro spoiler: l’intonazione può esser allenata come qualsiasi abilità musicale.

L’intonazione non è un talento mistico che hai ricevuto dalla nascita e lo posseggono in pochi.
Ognuno di noi nasce con delle abilità più sviluppate di altre ma non per queste non possono esser allenate o potenziate.

L’intonazione si può allenare e potenziare tramite….il canto!

Scordati la macchinetta dell’intonazione sul leggio che ti guarda fissa e ti grida “Non sei intonato!! CALA, CRESCE!”
(almeno la mia urla cosi xD).

Sfatiamo anche qui dei miti: l’intonazione non è precisa, è un insieme di suoni che mescolati insieme danno vita alle note.
Ogni nota è circondata, supportata da altre note che la compongono.
Nell’intonazione bisogna contare il timbro e il colore di ogni strumento musicale.

L’intonazione è una questione di equilibrio interiore e memoria sonora che va allenata non tramite la famosa macchinetta dell’intonatore ma tramite il canto e il supporto del pianoforte.
Si hai letto bene, il pianoforte essendo uno strumento ad accordatura fissa è molto preciso e ci aiuta ad ascoltare meglio cosa cantiamo, in che modo abituando l’orecchio a una nuova intonazione, equilibrata e corretta.

Imparare uno strumento non è per tutti.

Quante volte hai sentito questa frase?
Forse detta con ingenuità e anche con un senso di frustrazione per un passato costellato di insegnanti che non sono riusciti a insegnare in modo corretto l’amore per lo strumento.

Imparare lo strumento musicale è alla portata di tutti, nessuno escluso.
Anche qui dipende dall’obiettivo che si ha.

Vuoi suonare come amatore?
Vuoi diventare un professionista?
Vuoi suonare per puro piacere personale senza alcune costrizioni?

Queste sono le prime domande che pongo ai miei nuovi allievi e studenti, qual è il tuo obiettivo?
Di conseguenza l’insegnante si plasma per costruire un percorso su misura dell’allievo e non viceversa.
Lo studente viene a lezione perché ha emesso un primo passo verso lo strumento e la musica, ma non sa(ppiamo) quale sia la sua strada o quale vuole intraprendere (se parliamo di studenti più grandi di età).
La stessa affermazione non deve esser fatta quando davanti a noi ci si presenta uno studente con bisogni educativi speciali, non è lui che deve adattarsi a noi, ma siamo noi a doverci plasmare e trovare strategie adatte allo studente per poterlo accompagnare nella strada che trova più giusta per lui.

Ho esplorato e approfondito 5 delle credenze più comuni che in quasi 20 di musica ho sentito ripetermi tantissime volte, e ancora oggi non sono state sfatate o eliminate del tutto nel pensiero comune.

La musica non è un linguaggio per pochi eletti e tanto meno solo in pochi possono impararla e goderne.

Tutti possono imparare il linguaggio base della musica e comprenderla per aver un bagaglio emozionale, culturale e personale più ricco e coinvolgente.

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